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La Giornata Mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza cade il 20 novembre, anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, in cui si pone attenzione alla condizione dei bambini nel mondo e al loro futuro. Secondo l’Unicef sarebbero 262 milioni i bambini nel mondo che non possono andare a scuola, eppure dalla Convenzione viene sancito il diritto fondamentale all’educazione e all’istruzione, che almeno a livello elementare dovrebbe essere per tutti gratuita ed obbligatoria. Inoltre, secondo Save the Children, in Italia 1,2 milioni di minori vivono sotto la soglia di povertà, e il dato è triplicato in dieci anni. Ma la vera emergenza riguarda l’offerta formativa, tra abbandono scolastico e povertà educativa.
Ragazzi a cui vengono negati molti diritti, tra cui l’istruzione
Le Nazioni Unite rivolgono particolare attenzione alla mancanza del diritto all’istruzione in occasione del trentesimo anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia. Per una panoramica sul nostro Paese ci rifacciamo ai recenti dati di “Education at a Glance 2019” il «colpo d’occhio» annuale dell’Ocse a strutture, finanziamenti e prestazioni dei sistemi educativi dei Paesi a economie avanzate – è un buon documento per fare il punto sulla situazione della nostra scuola. L’attenzione verso l’istruzione e dell’educazione sta sempre più frequentemente divenendo un elemento fisso nelle agende dei governi internazionali, poiché l’obiettivo è di stimolare e migliorare le prospettive sociali ed economiche e fornire incentivi per raggiungere una maggior efficienza nel sistema scolastico
Fornire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva e promuovere opportunità di apprendimento costanti e per tutti resta l’azione più efficace contro la povertà. Innanzitutto educativa e, di riflesso, anche sociale ed economica: un circolo virtuoso che, per l’Italia, non può dirsi ancora pienamente realizzato.
Investimenti in istruzione, Italia fanalino di coda
Secondo i dati dell’Ocse, l’Italia spende nel sistema d’educazione considerato nel suo complesso, dalla scuola primaria fino alla formazione terziaria, circa il 3,6% del Pil, quasi un punto e mezzo in meno rispetto alla media degli altri Paesi, pari al 5%. Ccon la riforma del 2008, in tre anni, sono stati tolti ben 8 miliardi. La spesa per l’istruzione è così crollata dal 4,6% del Pil del 2009 al 4,1% del 2011 fino al minimo storico del 3,6% del 2016.
Oltre il 70% dei paesi OCSE ha integrato i servizi di educazione e cura sin dalla prima infanzia. I vantaggi degli investimenti nell’istruzione e dei servizi di assistenza alla prima infanzia non si limitano a migliori risultati sul mercato del lavoro e più alti tassi di fertilità. Vi è una crescente consapevolezza del ruolo chiave che l’istruzione svolge nello sviluppo, nell’apprendimento e nel benessere dei bambini. I bambini che iniziano forti avranno maggiori probabilità di ottenere risultati migliori crescendo. Ciò è particolarmente vero per i bambini provenienti da ambienti socioeconomici svantaggiati, perché spesso hanno meno opportunità di sviluppare queste capacità a casa, nel loro ambiente di apprendimento privilegiato.
Lo spettro dell’abbandono
Con questi investimenti scarsi e le difficoltà create dalla povertà economica si riflettono sulla povertà educativa. Sebbene nell’ultimo decennio si siano fatti passi in avanti sul tema della dispersione scolastica, le differenze tra Nord e Sud sono drammatiche: il dato complessivo nel 2018 si attesta al 14,5%, ma si registra per il secondo anno consecutivo un pericoloso trend di ripresa.
Significativo, per quanto in progressiva diminuzione, anche il gap di genere, con le ragazze più coinvolte nel sistema di istruzione rispetto ai ragazzi: con riferimento al 2018, hanno abbandonato la scuola, senza più rientrare in alcun percorso formativo, il 16,5% dei maschi di 18-24 anni contro il 12,3% delle femmine. Il tutto lasciando prefigurare un possibile circolo vizioso in cui la povertà educativa va a sommarsi a un tessuto socio-economico già carente o complesso, alimentandosi vicendevolmente.
Livello di istruzione e opportunità nel mondo del lavoro
Mancanza di competenze e conoscenze non possono allora che accrescere le disuguaglianze, impedendo a livello individuale la realizzazione personale e innescando problemi di integrazione e inclusione che, a propria volta, possono generare costi socio-economici non indifferenti. Ed ecco perché contrastare la povertà è un fatto innanzitutto culturale. Di qui, l’importanza di un grande sforzo finanziario da parte dello Stato che, fin dalle scuole primarie, dovrebbe fornire ai ragazzi tutti gli strumenti necessari a raggiungere il benessere socio-economico, avviando un processo di emancipazione sociale che permetta, generazione dopo generazione, di allontanarsi anche dalle situazioni più difficili. Un’opportunità che l’Italia sembra faticare a offrire.