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Giocare, correre, interagire con gli altri. La riabilitazione diventa un gioco nei bambini non vedenti o ipovedenti, grazie ai suoni emessi da un innovativo braccialetto, sviluppato da Monica Gori, e altre ricercatrici.
Monica Gori, psicologa di formazione, dottorato all’Istituto italiano di tecnologia di Genova, si racconta sul Corriere: «Da piccola non ero brava a scuola perché non riuscivo a imparare soltanto con la vista. Ma sapevo di avere comunque una mente creativa». Ed è grazie anche a quell’esperienza personale che è stata capace di immaginare Abbi («Audio Bracelet for blind interaction»), un braccialetto sonoro che permette ai bambini non vedenti di orientarsi e giocare ad esempio a «un, due, tre, stella!» come tutti gli altri. «Vederli correre liberamente e ridere di gioia – racconta – è una delle cose più belle che mi ha dato il mio lavoro».
Monica coordina l’U-Vip lab (Unit for visually impaired people) dell’Iit, un gruppo di ricerca di 15 persone, che grazie alle neuroscienze crea strumenti al servizio delle persone ipo o non vedenti, per migliorare la qualità della loro vita. E si dedica in particolare all’infanzia, che è un momento cruciale: quello in cui, con gli stimoli adeguati, si sviluppano le capacità che accompagnano le persone per tutta la vita. Chi non vede è privato di una parte di essi, e quindi ha, per esempio, più difficoltà con la memoria.
Come funziona?
Le tecnologie sviluppate dal team coordinato da Monica Gori invece sono tutte pensate per favorire l’apprendimento motorio, sensoriale e sociale delle persone non vedenti. Il braccialetto Abbi mette suoni ritmici a seconda della posizione nello spazio di chi lo indossa, permettendo ai non vedenti di «sostituire» la vista con l’udito, avendo il feedback acustico delle proprie e altrui azioni e la percezione dello spazio intorno. Aggiungere al movimento corporeo un suono aiuta a percepire il proprio corpo nella scena circostante. Soprattutto, permette ai bambini di giocare e crescere senza bisogno di vedere.